LE DONNE: IL FEMMINISMO COME RISCATTO SOCIALE ATTRAVERSO LO SPORT. 

LA STORIA DI UN PUGILE, UNA TRA LE PRIME DONNE ALL'ANGOLO DEL RING, IN ITALIA. 

La storia di riscatto di VERONICA DEL GIOVANE, pugile e una tra le prime donne all’angolo nel mondo della Boxe. Allieva e compagna di vita di Lenny Bottai, Campione Italiano Nazionale ed Internazionale di Boxe.

- Federica Cresci -


 

               1)   Ciao Veronica, grazie prima di tutto per aver accettato di rispondere a questa intervista.

Uno scontato e ridicolo vecchio proverbio popolare e patriarcale, che rispecchia la nostra cultura improntata solo sulla figura dell’uomo come padre di famiglia ed esclusivo perno della società, recita: “Dietro un grande uomo, c’è una grande donna”. Io rettificherei quell’avverbio “dietro”, che denota una posizione di sottomissione remissiva, dicendo che “Un grande uomo ed una grande donna camminano sempre insieme  verso la stessa direzione, mano nella mano”. Questo nuovo proverbio rispecchia in pieno la vostra coppia, Tu e Lenny, due pugili, due grandi esseri umani, che si sono trovati e costruiscono insieme alla pari. Raccontaci, chi è Veronica, la donna, il pugile, l’allenatrice e la compagna anche di Lenny.

 

Ciao Federica, grazie a te, per me è davvero un piacere. Non sai quanto spesso questa “massima” mi è stata affibbiata per il personaggio sportivo e di personalità che ha Lenny. Ovviamente, per abitudine culturale, usciva proprio come complimento ed io l’ho sempre preso come tale, ma ovviamente sì, condivido in pieno il fatto che sia chiaramente di stampo maschilista. Direi piuttosto che a fianco di una grande persona c’è sempre un’altra grande persona, uguale o contraria.

Si, Veronica, hai ragione, effettivamente la tua precisazione è ancora più giusta, visto che al precedente  avverbio “dietro”, si evidenziava in tutto il proverbio anche il fatto di considerare una coppia solo etero. Purtroppo, come tu hai ben precisato, nella nostra cultura, o direi sottocultura, non esiste ancora il fatto di concepire una coppia, al di là del genere di appartenenza. Ma l’amore va oltre e per fortuna, se pur molto lentamente, anche noi ci stiamo incamminando verso uno sviluppo di queste tematiche di genere.

2)   Come arrivi al pugilato e come hai iniziato a costruire la tua vita, il tuo lavoro e la tua passione insieme a Lenny?.


Sinceramente è stato proprio grazie a mio marito che ho potuto conoscere nella sua bellezza e complessità questo sport, così controverso ed estremo. E me ne sono innamorata. Quando ho conosciuto Lenny stava attraversando un momento di stasi con il pugilato, me ne parlava certo, ma “fisicamente” non lo avevo mai visto fare. Poi dopo qualche anno e qualche chilo di troppo, Lenny decise di ricominciare a boxare, rimettendosi in gioco con una determinazione tale da portarlo di li a poco a fare il salto nel professionismo. Al tempo poco ancora comprendevo, non avevamo quella che oggi sarebbe diventata la nostra palestra, la nostra seconda casa. Fu quando con un bel salto nel buio, decidemmo di intraprendere questa nuova via, di aprire una palestra nostra, chiamata poi Fortitude (Fortezza/coraggio) che mi sono catapultata in questo mondo così affascinante. Iniziai così ad allenarmi, per passatempo, e mi accorsi che non mi spaventava la fatica, ne mi intimorivano i colpi, mi sentivo così viva mentre mi allenavo, ogni brutto pensiero mi lasciava dando spazio solo alla voglia di migliorarmi. Poi un giorno, dopo un anno neanche che mi allenavo, palesai a Lenny, che era anche il mio allenatore, la voglia di provare a combattere...lui si stupì, caratterialmente sono timida e insomma, forse in quella veste non mi ci vedeva proprio .E da lì cominciò la mia bellissima esperienza sportiva. Devo fare una premessa: avevo passato i 30 anni quando cominciai, e nel regolamento federale di allora era consentito combattere solo fino a 35, con una postilla che dovevamo essere stati tesserati fino al compimento del 32esimo anno di età, altrimenti niente agonismo. Con molta fatica riuscimmo a tesserarmi, ma non con la Federazione Pugilistica Italiana, io ho combattuto come atleta Slovacca (ci rido ancora). Con Lenny sempre al fianco, un vero rompiscatole come allenatore, direi di stampo sovietico (ride), sempre scrupoloso e attento. Non avrei potuto chiedere di meglio. Poi fu meccanico a fine attività agonistica prendere il tesserino come insegnante per poter così trasmettere la mia passione attraverso il mio vissuto ad altre persone, con la speranza e l’entusiasmo di avvicinare quante più donne possibile e sdoganare finalmente questo sport come prettamente maschile.

3) Perché hai scelto il pugilato, che notoriamente è considerato dalla società italiana uno sport maschile? Che difficoltà hai avuto in questo settore? Ti hanno accettato subito? sei stata emarginata o non hai avuto problemi?. Tu sei anche la prima donna all’angolo, cosa implica per te tutto ciò?.

Ho scelto il pugilato perché semplicemente mi faceva sentir bene, libera, me stessa. Attraverso di lui scaricavo rabbia e dolore e nel frattempo mi riempivo di energia positiva. E poi rispetto, regole e complicità con il team con cui mi allenavo. Mi fa ridere l’appellativo “maschile e femminile” specie per lo sport...dover sempre e necessariamente categorizzare ogni cosa, amore, lavoro, sport... Difatti durante il mio cammino da atleta, ho incontrato arbitri che mi dicevano che le donne dovevano stare alla conca, e come tecnico addirittura all’angolo si sono rifiutati di darmi la mano per salutare (medioevo puro). Ma questo non ha fatto altro che darmi forza, l’autodeterminazione è importante e di certo non sono persone come queste a farmi sentire “piccola”. E poi Lenny per primo si è sempre battuto per queste pochezze di genere.

4) Gestisci una palestra con Lenny, dove svolgete lavoro educativo attraverso l’insegnamento del pugilato, come strumento di riferimento e di riscatto sociale. Che cosa fai esattamente e com’è il tuo rapporto con gli allievi?


In palestra faccio un po’ di tutto, da insegnare a gestire la parte amministrativa, la nostra è una piccola realtà. La parte però che amo di più è il progetto con la salute mentale, ovvero insegnare l’uso di questa disciplina sportiva come mezzo per scaricare la rabbia, convogliarla sui sacconi, nella fatica e nella soddisfazione che queste persone hanno nell’imparare questo sport. Persone giovani e meno giovani con varie problematiche mentali che hanno trovato giovamento da questo sport, che non vedono l’ora di allenarsi. Questo mi rende orgogliosa. La contrapposizione di chi vede questo sport violento perché poco conosciuto e tanto demonizzato, usato invece a scopo terapeutico.

5) Cosa ne pensi del ruolo della donna attualmente nello sport e in generale nella nostra società? cosa cambieresti e miglioreresti?

Sicuramente negli ultimi anni le cose sono nettamente migliorate, onestamente non seguo altri situazioni sportive, posso parlarti dell’ambiente pugilistico, dove a differenza di anni fa, il bacino si è riempito di ragazzine desiderose di praticare la boxe, facendo si che si livellassero sempre di più le differenze tra maschile e femminile.

6) Cosa della tua vita rifaresti mille volte e cosa invece non ripeteresti se avessi la possibilità di tornare indietro?.

Rifarei banalmente tutto, in fin dei conti sono il prodotto delle mie azioni, giuste o sbagliate che fossero.  E se fosse vero che cambiare il passato potrebbe influire su questo mio presente ancora di più rimango ferma sulla decisione presa.

7) Se potessi lasciare un messaggio a tutte le donne nel mondo cosa diresti?. E agli uomini?

Vorrei arrivasse soprattutto alle giovanissime, che sono il futuro: fate sempre ciò che volete, non permettete mai a nessuno di dirvi quello che dovete fare, non esistono ruoli di genere predefiniti. Nessuna di voi dovrà mai sentirsi penalizzata dall’essere donna, anche quando qualcuno cercherà di farvi credere il contrario.... e agli uomini invece dico di ricordarsi che escono dal nostro ventre (ride).

Un saluto a pugno chiuso.

Prima di salutarti, ti faccio leggere il racconto del tuo più grande fan, il tuo allenatore, il tuo compagno di vita e comunque GRAZIE VERONICA!:

“La bellezza della storia di Veronica, legata alla mia, ma che diventa una storia nella storia,  è che lei conosce la boxe ed inizia a farla tardissimo. Come ti ha detto prima c'era una regola che impediva di combattere se, avendo compiuto il 32 esimo anno di età, non avevi mai combattuto, ed a 35 in ogni caso dovevi smettere (oggi fortunatamente è 40). Veronica mi ha osservato ricominciare per niente attratta dalla boxe, certo mi incoraggiava, ma non avrebbe mai pensato di combattere. Provando tuttavia ha incontrato delle sensazioni che non pensava, allora un giorno mi disse - io pensavo a uno scherzo - che voleva provare. Io fui molto duro con lei, non le feci sconti (ancora me lo rinfaccia), sapevo che la boxe non si può iniziare così tardi. Eppure, era portatissima, e montava sul ring con la leggerezza di una bimba. Era come si dice a Livorno "pipata" per questo sport. Purtroppo la burocrazia non la fece tesserare allora io la affiliai, tramite un amico, all'estero. Combattevamo in Italia con licenza e bandiera slovacca. Era uno spasso essere annunciati così. Ha fatto una manciata di incontri, ma lei non lo dice non ha mai perso ed ha pure battuto una ragazza che poi è diventata campionessa d'Italia assoluta ed è entrata in nazionale. Una storia nella storia. Quando poi ci hanno costretto a smettere lei avrebbe potuto davvero divertirsi e togliersi qualche soddisfazione, ma la stupidità burocratica lo impediva, allora prese il tesserino e iniziò a stare all'angolo con me, e soprattutto mio (era anche a Las Vegas). Questo chiarimento è per raccontare la particolarità della storia nonostante sia una storia normalissima di una ragazza che ha combattuto ed amato questo sport, seppur per un breve - ma intenso - periodo della vita” 

(Lenny Bottai)

 

 

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